Claudia Franceschelli è vicepresidente dell’associazione Diligentia ETS, i cui fondatori sono imprese ed organismi di certificazione, accademie e docenti universitari, società di consulenza e studi legali, professionisti ed esperti. La mission di Diligentia è la promozione della responsabilità d’impresa e dello sviluppo sostenibile in tutti i suoi aspetti (governance, sociali, ambientali, sicurezza ed etica di business). Inoltre, il contrasto al greenwashing.
Diligentia promuove iniziative, schemi di certificazione e di rating ESG, nonché sistemi di credenziali privilegiando quelli valutati positivamente per finalità di accreditamento.
Conosciamo meglio i soci di Diligentia: ci fa una breve presentazione?
ESG Ratings nasce dal connubio tra due realtà di servizi e di accompagnamento alle imprese. La mia società Qualità x competere si occupa da 27 anni di consulenza sull’organizzazione e sulla riorganizzazione all’interno delle imprese pubbliche e private con particolare attenzione all’area dei sistemi di gestione, degli audit e quindi del tema della valutazione. Questa realtà si fonde con lo studio di Andrea Pieracci, ESG-Rating Corporate Finance Network, che si occupa di accompagnare le aziende nella definizione di strategie a medio e lungo periodo e soprattutto di impostare una pianificazione finanziaria ed economica; dunque sistemi di gestione calati nell’ottica delle strategie e della finanza e della sostenibilità economica e finanziaria.
Ci siamo incontrati perché c’era una continua richiesta da parte delle aziende: volevano capire cosa fosse davvero la sostenibilità. C’era confusione tra chi la intendeva esclusivamente ambientale, chi soltanto a livello di responsabilità sociale d’impresa e altro ancora.
La sostenibilità è frutto di un processo di pianificazione, di controllo e di misurazione. Il problema che abbiamo incontrato da subito era dovuto al fatto che le aziende non avevano modo di dimostrare la propria inclinazione alla sostenibilità, né erano in possesso di indicatori in grado di valutarla.
Ho studiato a fondo ciò che era presente sul mercato a livello di normative, programmi e indirizzi sulla valutazione della sostenibilità ed è stato subito chiaro che mancavano riferimenti validi per la valutazione.
Andrea Pieracci viene dal mondo del credito e della finanza e lo scopo del suo studio è quello di far dialogare le aziende con gli investitori, sviluppare piani industriali, enfatizzando il loro essere sostenibili.
Entrambi avevamo bisogno di dare vita a una valutazione chiara, fondata su una metrica o su dei riferimenti, che potesse essere una guida per le imprese e nello stesso tempo un riferimento per chi deve valutare la sostenibilità. Insieme abbiamo cercato soggetti qualificati e competenti fino all’arrivo in Diligentia – di cui siamo soci fondatori – con Cesare Saccani.
Qual è il motivo che l’ha spinta ad entrare a far parte di Diligentia e cosa crede che possa realizzare questa associazione?
Diligentia si occupa di sostenibilità rivolgendosi alle imprese e alle organizzazioni che investono su altre imprese e ne determinano lo sviluppo: banche, finanziatori, investitori, associazioni, consorzi. Tutti questi soggetti sono chiamati a esprimere una politica e delle strategie d’impresa per la sostenibilità, termine che per molto tempo è stato peraltro utilizzato impropriamente, magari riferendosi solo all’ambiente. Contano invece anche gli altri due aspetti: sociale e governance.
Per tanto tempo la sostenibilità è stata raccontata con immagini suggestive che non corrispondevano alla realtà. Diligentia crede nella sostenibilità in tutti i suoi aspetti, quindi cultura d’impresa, strategie, governance, diritti umani, salute e sicurezza, ambiente. La sostenibilità crea valore per tutti i soggetti che entrano in contatto con l’impresa.
Mi sono avvicinata a Diligentia perché non solo aveva una visione completa sulla sostenibilità, ma è un’associazione che la valuta e la misura per assicurare che tutto quello che l’azienda fa in tema, non sia in ottica di greenwashing.
Le attività portate avanti in Diligentia, attraverso i position paper e le commissioni, hanno lo scopo di definire i criteri, i punti di forza o le metodologie per valutare la sostenibilità. La credibilità di un’azienda si basa su ciò che può essere dimostrato, misurato e valutato. Tale credibilità si ottiene solo con metriche riproducibili e unitarie. In un contesto di globalizzazione servono metriche di giudizio certe e affidabili basate su criteri ben precisi.
Quali sono per lei i 3 punti prioritari in tema di sostenibilità?
Punto primo: la sostenibilità deve uscire dalla logica in cui basta dire “siamo un’azienda sostenibile perché non facciamo determinate cose” e dunque basta il rispetto dei divieti.
La sostenibilità deve essere considerata come una creazione di valore non solo per l’impresa ma anche per tutti gli stakeholder che ruotano intorno all’impresa stessa. Il valore si crea inserendo la sostenibilità nella governance.
Il secondo punto è molto netto: la sostenibilità è valore. Le imprese devono essere misurate e valutate in termini di capacità di creare valore sostenibile.
Terzo ma non meno importante pilastro: è necessario valutare correttamente la sostenibilità. La sostenibilità non si racconta, non è come l’eticità aziendale che posso raccontare al mio pubblico.
È la capacità di innescare dei processi decisionali che tengono conto a 360 gradi di tantissimi aspetti. Insomma, non è solo una bella storia da raccontare: tutte le iniziative di un’impresa fanno parte di una strategia di crescita, di sviluppo e di attenzione nei confronti degli stakeholder.
Recent Comments