Le proposte di modifica delle direttive da parte della Commissione Europea

Il contesto

Nell’ambito delle strategie per il raggiungimento del Green Deal, ovvero la trasformazione dell’Europa entro il 2050 nel primo continente a impatto zero sull’ambiente, il piano d’azione relativo alla Circular Economy gioca un ruolo fondamentale poiché la sostenibilità e la circolarità sono fattori indispensabili per favorire il cambiamento.

In tale scenario, la Commissione Europea ha presentato lo scorso 30 marzo una serie di indicazioni di modifica alla Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori e alla Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali.

Nello specifico il focus è stato puntato su due aspetti: nuovo diritto all’informazione del consumatore, in relazione a durata e riparabilità dei prodotti; contrapposizione al greenwashing (dichiarazioni ambientali ingannevoli) e alla obsolescenza pianificata (guasti prematuri dei beni).

 

Durata e riparabilità dei prodotti

L’intento è quello di obbligare i produttori a fornire una durata garantita dei prodotti, informando correttamente l’utente finale circa arco temporale e riparabilità dei beni di consumo. Anche i venditori – nella visione delle nuove proposte – dovrebbero essere tenuti a fornire dati ai clienti in materia di garanzia commerciale o mancanza di durata garantita. Gli stessi venditori, inoltre, avrebbero il compito di comunicare agli utilizzatori ragguagli riguardanti riparazioni, relativi manuali e pezzi di ricambio.

Il consumatore dovrebbe essere istruito prima dell’acquisto, in modo chiaro e inequivocabile, da produttori e venditori.

 

Greenwashing e obsolescenza pianificata

La modifica, in questo caso, prevede di ampliare l’elenco delle caratteristiche di un bene sulle quali un produttore non può ingannare i fruitori. Inoltre, si vorrebbe estendere anche la black list esistente relativa alle pratiche commerciali sleali vietate, quali:

  • mancata informazione sulle caratteristiche introdotte per limitare la durata del prodotto, come un software che ferma o declassa la funzionalità del bene dopo un determinato periodo di tempo;
  • affermazioni “verdi” generiche senza dimostrare la prestazione ambientale del bene o del produttore;
  • fare un “green claim” sull’intero prodotto, quando in realtà riguarda solo un certo aspetto di questo;
  • esporre un’etichetta di sostenibilità non verificata da un sistema competente;
  • non informare che un bene ha una funzionalità limitata quando si utilizzano materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale.

Obiettivi

Le suddette misure vengono ritenute necessarie in Commissione poiché la tutela del consumatore garantirebbe il contributo di quest’ultimo alla transizione verde: acquisti responsabili nei confronti dell’ambiente indirizzano verso un’economia pulita e assicurano una concorrenza leale. Al contempo, assicurare la certezza legale per gli operatori commerciali, indirizzerebbe anch’essi verso comportamenti trasparenti.

Le proposte saranno discusse dal Consiglio e dal Parlamento Europeo.