Considerazioni semi serie su DNF e sul Report di Sostenibilità (di Carlo Paris, Board Member e Presidente Comitato di Sostenibilità di ENAV e Socio Fondatore di Diligentia ETS)
Da alcuni anni, la situazione nel mondo aveva toccato punte di insostenibilità e il Legislatore ha pensato di tornare a parlare di sostenibilità. Mentre la coscienza personale e aziendale non sembrava essere sufficiente, ha pensato di scrivere norme sulla sostenibilità. Dopo alcuni anni di esperienza, ne abbiamo raccolto lo sfogo. La sostenibilità non è un costo ma una opportunità.
Mai chiedere all’oste se il suo vino è buono! Antica saggezza popolare. Eppure con la Non Financial Reporting Directive (NFRD) del 2014, prima il legislatore europeo e poi quello italiano, con la Legge 254 del 2016, hanno semplicemente chiesto alle aziende di raccontare se i loro prodotti, se le loro attività fossero buone o no e solo di iniziare a confrontarsi con il concetto di diversità. Non più solo informazioni quantitative sulla gestione finanziaria, ma anche qualitative, sulla loro anima, sui loro valori, sentimenti e comportamenti durante l’anno, sulla gestione della diversità e sulla loro visione di medio lungo termine. In particolare, si chiedeva loro e loro rispondevano: “Inquinate? Ma quando mai! Sprecate energia? Ma figurati! Sprecate acqua? Ma che dici? Vi comportate bene con i Vostri dipendenti e collaboratori? Certo, sono felicissimi di lavorare con noi! I diritti umani li rispettate? Certo, in tutto il mondo! Corrompete clienti e autorità? Ma pensa te, mai fatto! Usate sostanze pericolose? Noi no, scherzi? I componenti del CdA hanno competenze diverse e adeguate? Eccellenti! Abbiamo maschi, femmine, giovani, meno giovani, esperti e tecnici, di tutti i mestieri e professioni che servono all’azienda. Bravissimi e bravissime! E così via…”. “Certo!”, hanno detto e scritto; “noi siamo etici, bravi, buoni, belli, di nobili sentimenti, di valori molto forti, e con un futuro assolutamente radioso e di lungo termine, in una parola, siamo assolutamente sostenibili! fidatevi di noi! Siamo la migliore azienda del mondo! “.
Abbiamo improvvisamente scoperto che, in Italia, esiste il Paradiso e ci sono le migliori aziende del mondo. Ma, quante sono state finora quelle interessate, che hanno risposto? 250? Forse 300? Forse 400? Sicuramente, molto poche. Perché?
Innanzitutto, perché la sostenibilità e, quindi, la DNF vengono percepite ancora come un costo e non come una opportunità. Poi perché la DNF è obbligatoria solo per le grandi e le quotate. Risultati? Tolti i casi di eccellenza, risultati molto scarsi. Un sacco di chiacchiere, il più delle volte non verificabili, tante bellissime foto e tantissima fuffa, aria fritta, ai limiti della pubblicità ingannevole, per rifarsi il trucco, dipingersi di verde e ridarsi una verginità in termini di sostenibilità (“greenwashing”).
Il Legislatore europeo, che in questi anni ha attentamente osservato il mercato, e che non è stupido, ha però notato, a livello di sistema, che le informazioni non finanziarie riportate dalle aziende non sono risultate sufficientemente affidabili e comparabili né con quelle di altre aziende né con quelle di settore. Inoltre sono mancate, quasi del tutto, le informazioni qualitative sugli aspetti intangibili, difficili da misurare, ma altrettanto importanti, perché molto insidiosi a livello di rischiosità e di reputazione.
Parallelamente, in questi anni, sono cresciute la consapevolezza e l’attenzione da parte degli Investitori sulla rischiosità degli aspetti legati alla sostenibilità e sulla loro capacità di compromettere la stabilità e la continuità gestionale e finanziaria degli emettitori. Tradotto: ne vogliono sapere di più!
Come se non bastasse la Pandemia Covid 19 ha portato alla luce tutta una serie di rischi in grado di provocare disruption e perdite finanziarie, da cui una nuova consapevolezza di monitorare tutti questi nuovi rischi. Tradotto: evitiamo per il futuro altri casini, occorrono informazioni precise, misurabili e confrontabili.
Allora che fa il legislatore europeo? Nel 2019, tira fuori la nuova direttiva la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e dice: “si, volevo essere gentile con voi aziende ma, finora, mi avete fregato e allora adesso corriamo ai ripari. Vi avevo detto fate una Dichiarazione qualitativa Non Finanziaria, scrivetela come vi pare (salvo seguire i principi GRI), va bene anche come un vostro racconto e come una vostra narrazione, senza che io possa controllare secondo parametri oggettivi. Non dovete neanche farla certificare da parte della società di revisione, l’importante è che i revisori facciano una revisione limitata (“limited assurance”), che verifichino il rispetto delle procedure seguite, l’esistenza del rapporto e che sia stato approvato dall’organo di controllo. Ma, mi raccomando, siate seri, trasparenti, affidabili, misurabili e oggettivi. Niente! Mi avete preso troppo alla lettera e avete esagerato con la vostra fantasia per cadere nel “greenwashing”. Bene, allora adesso cambiamo registro. Innanzitutto, al fine di indurre cultura e regole in tutto il sistema, le aziende obbligate a rendicontare (le quotate e quelle sopra i 500 dipendenti) sono troppo poche, al massimo 300, 400. Allora, allarghiamo il perimetro delle aziende da più di 500 fino a 250 dipendenti, così arriviamo, in Italia, tra le tremila e le quattromila aziende interessate. Poi, la Dichiarazione, non sarà più una narrazione ma diventa qualcosa di più impegnativo e sanzionabile, ovvero avrà il valore di una Rendicontazione, e le regole per scriverla saranno molto, ma molto, più severe e precise. Se non sbaglio, finora non c’era obbligo di certificazione da parte di società di revisione, vero? Si, bene, allora adesso la revisione diventa obbligatoria, così vediamo che succede. Anche le società di revisione dovranno attrezzarsi, crescere, studiare ed assumersi le loro responsabilità, anche sulle nuove regole dettate dai regolamenti sulla Tassonomia delle attività riconoscibili e accettabili come sostenibili.
Poi, basta con questa abitudine che tutti facciano come vogliono. Adesso i Report dovranno essere redatti secondo delle regole uguali per tutti, che vi diciamo noi, e come Unione Europea abbiamo messo al lavoro un po’ di gente (gruppo di lavoro EFRAG) per definire degli standards comuni e riconosciuti. Per fine anno 2022, vedrete che saranno pronti, cosi potranno entrare in vigore dal 1° gennaio 2023.
E non solo. Il Report di Sostenibilità dovrete renderlo disponibile anche in formato elettronico (formato html) in modo che possa essere scaricabile, dovunque nel mondo, e costruita una banca dati di informazioni confrontabili tra loro.
In Italia, il nuovo Report di Sostenibilità è previsto diventi obbligatorio nel 2024, a valere sui dati 2023. Ma, dato che occorrerà fare un confronto dei dati 2023 con i dati 2022, tanto vale che vi organizziate fin da quest’anno 2022 per far partire il lavoro da fare che sarà veramente tanto. Per le aziende piccole e medie, la obbligatorietà scatterà a partire dal 1° gennaio 2026.
Non vi spaventate, io illuminato Legislatore europeo capisco che ci saranno molti costi in più, cosi ho pensato di introdurre un principio di proporzionalità in modo che il tutto avvenga al costo minore possibile: più le aziende sono grandi e più devono rendicontare ed essere precise; più le aziende sono piccole e medie, maggiore è la flessibilità e la gradualità nell’approccio e nella rendicontazione. Le micro aziende vengono esentate. E, mi voglio rovinare, saranno esentate anche le aziende controllate, sempreché la capogruppo provveda a redigere un Report di Sostenibilità consolidato che tenga presente anche la sostenibilità per le sue subsidiaries.
L’importante, ancora una volta, è che ci siano informazioni pubbliche, sui rischi e su tutto ciò che interessa la sostenibilità a medio lungo termine, e sulla tipologia ed entità di impatto che queste tematiche aziendali, legate alla sostenibilità, possono avere sulla società e sull’ambiente; e che queste siano facilmente accessibili in formato elettronico. Inoltre è necessario che queste informazioni siano comparabili con delle altre dello stesso settore di operatività, affidabili e fruibili facilmente in formato elettronico digitale.”
Fin qui lo sfogo del Legislatore per riportare chiarezza nel comportamento delle aziende.
Allora vediamolo dalla parte delle aziende. Ci sono speranze che si possa evitare tutto ciò? No, perché se non bastasse la CSRD, il Legislatore Europeo ha provveduto ad emanare, sempre nel 2019, le linee guida per l’European Green Deal (EGD) e il Sustainable Finance Action Plan (SFAP), e quindi non si scappa.
Con l’European Green Deal, l’Unione Europea si propone di raggiungere la neutralità climatica e azzerare la emissione di gas serra entro il 2050, e considerato che le DNF pubblicate finora non hanno prodotto risultati soddisfacenti sulle notizie relative all’impatto delle attività delle aziende sul clima, richiede un maggiore e severo sforzo da parte delle aziende fino a “sottoscrivere” con la collettività e gli investitori, un impegno operativo su come limitare l’impatto delle proprie attività sul riscaldamento climatico e l’innalzamento della temperatura entro 1,5 gradi centigradi, quindi al lavoro con i nuovi Report di Sostenibilità.
Last but not least, al fine di rispettare il Sustainable Finance Action Plan gli operatori finanziari e le aziende dovranno rendicontare e spiegare se avranno adeguatamente integrato i temi della sostenibilità nelle loro strategie e decisioni.
Quindi, ragazzi non si scappa. Tanto vale mettersi al lavoro. Prima ci togliamo il dente e meglio è. Vi vedo preoccupati sui costi, ma non sono costi, è un investimento per sopravvivere, per aumentare i ricavi e differenziarvi dai più ciucci, è una polizza assicurativa per il futuro. Vi vedo preoccupati su chi possa aiutarvi in questa sfida epocale. Affidatevi ai migliori, non a chi vi fa spendere di più. Come quando si va dal medico, chiedete referenze, verificate la qualità dei lavori già svolti, scegliete i migliori professionisti, i più seri, i più preparati, quelli di maggiore esperienza e buon senso. Diffidate, all’inizio, dei consulenti improvvisati che si riciclano velocemente, da altri settori di operatività, su tutte le nuove opportunità. Privilegiate buon senso, professionalità ed esperienza. La sopravvivenza della vostra azienda nel medio lungo termine è nelle vostre mani e nelle mani dei consulenti ai quali vi affiderete.
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